Il contributo dei pazienti per una rivoluzione gentile

Per una assistenza sanitaria attenta e gentile. Sono queste le parole chiave che Victor Montori (leggete qui una sua bellissima intervista) usa nel suo libro e progetto “The patient revolution”, una rivoluzione gentile.

A Modena da alcuni anni esiste un progetto che va in questa direzione, e prevede l’inserimento di pazienti esperti e formati all’interno della formazione universitaria degli studenti che in futuro si prenderanno cura delle persone. Questa idea, che nasce da una esperienza canadese, è stata voluta da Maria Stella Padula e dalla Associazione Tandem.

Bellissime le storie dei pazienti formatori, questa di Massimo mi ha colpito.

Anche per noi, come azienda sanitaria territoriale, questo progetto è molto importante perché ci consente di riflettere sul senso del chi siamo e del cosa facciamo ogni giorno e soprattutto di passare dalla sanità alla salute.

Troppo spesso ci dimentichiamo che l’obiettivo finale delle nostre azioni non è organizzare i servizi sanitari, certamente importanti, ma prenderci cura delle persone. Che significa avere una attenzione primaria alla salute, e non solo alla sanità, e al ben-essere delle persone. Forse un giorno le chiameremo “aziende per la salute” invece che aziende sanitarie. In altre regioni, come la Toscana, hanno iniziato a parlare di società della salute, includendo anche i comuni e le associazioni di cittadini.

E’ utile per tutti avere punti di vista nuovi su cosa si intenda per salute, per ben-essere e questa esperienza ci offre proprio questo. Ricchezza di visioni e di esperienze, dei cammini che ognuno di noi deve affrontare quando affronta un problema di salute. Mettendo sul tavolo il tema delle emozioni, dell’empatia e di come queste migliorino oltre che i rapporti, anche i risultati di salute stessi.

Questa esperienza entra nel rapporto diretto fra operatori sanitari e cittadini con un bisogno (o se vogliamo chiamarli pazienti). E sarebbe interessante riuscisse anche a entrare in quella che è l’organizzazione dei servizi sanitari, quella che viene fatta dalle direzioni delle aziende, che troppe volte gli operatori sanitari stessi sentono lontane dalle loro fatiche quotidiane.

In questo ultimo anno abbiamo iniziato un percorso molto importante sul tema della integrazione fra le tante professioni sanitarie e sociali che operano nelle nostre comunità. Il nome stesso del progetto Inte(g)razioni, con la g fra parentesi sta a significare come un elemento centrale sia l’interazione fra questi soggetti. Una interazione che non mette al centro l’atto assistenziale, ma la persona che sta chiedendo aiuto. E anche i cittadini e i pazienti fanno parte di questa integrazione.

Integrarsi e interagire significa trovare lo spazio e il tempo per riflettere sul senso di quello che siamo e facciamo ogni giorno come singoli professionisti e come organizzazione. Significa lavorare sulla consapevolezza del proprio essere e del proprio ruolo, come singoli e come insieme di soggetti che si prendono cura di quel bisogno.

Un'altra esperienza che vogliamo ricordare è quella che stiamo conducendo nell'ambito delle disabilità, con il progetto Oltre. Una mostra itinerante che a partire dalle immagini, mette al centro le relazioni e le emozioni degli operatori e dei pazienti e le loro famiglie.

Come azienda vogliamo mettere al centro le emozioni, sia nei rapporti interni, sia in quelli esterni. Da questo punto di vista è nato su questo tema un grande progetto con le scuole dell'infanzia e primarie della provincia modenese "La scuola delle emozioni".

Sul ruolo dei pazienti, sappiamo anche quanto siano importanti i gruppi di auto-mutuo aiuto. Sappiamo bene che la risposta al bisogno può arrivare in modo appropriato anche da chi quella esperienza l’ha già vissuta.

In generale, sappiamo che la sanità incide per una parte minimale sul benessere delle persone, i dati scientifici ci dicono dal 15 al 20%. Tutto il resto lo fa la società in generale, dall’ambiente familiare, sociale, scolastico, lavorativo, e sempre più importante quello fisico e del clima. Dobbiamo dedicare sempre più energie a fare sì che l’economia, il come noi usiamo le risorse che abbiamo a disposizione, sia una economia capace di aumentare il ben-essere delle persone e delle comunità. Quella è l’unico modello di crescita che possiamo sostenere. Quella che pensa al bene comune e delle comunità e da questo punto di vista l’apporto dei cittadini e dei pazienti può aiutare tutti a trasformare i valori del bene comune in azioni concrete quotidiane.

E in questa complessità possiamo e dobbiamo riflettere insieme sul tema della comunicazione, tema lasciato nelle mani di chi ci vede solo profitto economico. E l'infodemia è figlia di questa stortura. E anche qui il contributo dei pazienti diventa importante. Da questo punto di vista l'esperienza di lavoro comune fra cittadini e operatori del progetto dei pazienti formatori di Modena, è un esempio concreto per provare a cambiare questa narrazione tossica.

Un ultima riflessione sugli spazi in cui agire questa rivoluzione gentile. Sicuramente bisogna iniziare dall’Università, dai momenti formativi degli operatori, ma dobbiamo poi renderla viva in tutti i luoghi in cui ci possiamo prendere cura delle persone. Dagli ospedali sino alle case delle persone. E parlando di case, anche le Case della comunità possono diventare un luogo in cui far crescere questa ri(e)voluzione.