Le lezioni degli All Blacks: valori, gioco di squadra e un forte legame con il passato per guardare al futuro






Gli All Blacks, la nazionale di rugby della Nuova Zelanda, sono la squadra più vincente al mondo. Gli avversari sanno di trovarsi di fronte a qualcosa di più di quindici giocatori, si trovano a fronteggiare una cultura, una identità, un sistema di valori, una passione e uno scopo collettivo.

Cosa possiamo imparare, che può essere applicato a livello di aziende sanitarie e di tutta la pubblica amministrazione? Cosa non facciamo di tutto questo?

  1. che si pongono in modo sistematico domande sul senso del chi siamo e cosa facciamo e lavorano sull’attaccamento alla maglia dei giocatori
  2. che trasformano i valori fondanti in azioni concrete quotidiane e la visione in azione, sempre responsabilizzando i giocatori con un approccio dal basso
  3. che vanno oltre sé stessi, puntando sempre in alto
  4. che vanno tutti nella stessa direzione, trasformando l’io in un “noi”, valorizzando il senso del sacrificio per la squadra
  5. che lavorano per lasciare una impronta per le generazioni future, anche attraverso dei magnifici rituali (haka).
     

Se anche solo in parte riuscissimo a portare questa cultura nel Servizio Sanitario Nazionale e nella PA saremmo in grado di essere più efficaci, di lavorare con più sicurezza, con più entusiasmo e più vicini ai bisogni delle persone che ci chiedono ogni giorno aiuto.

Qui di seguito la sintesi dell’esperienza degli All Blacks, così come raccontata da Jamer Kerr nel libro dal titolo provocatorio nella edizione italiana “Niente teste di cazzo”.

  • Si pongono in modo sistematico domande fondanti. Dirigenti e giocatori si pongono spesso quesiti sul senso di quello che fanno ogni giorno. Su cosa significhi essere un All Blacks. Interrogativi centrali nello stabilire una cultura guidata da uno scopo e da un sistema di valori. Usando il metodo socratico, del porre domande per raggiungere la consapevolezza di sé. Piuttosto che impartire lezioni, gli allenatori cominciano a porre domande prima a sé stessi (come fare meglio?) e poi ai loro giocatori (cosa ne pensate?). Questa cultura della domanda in cui l’individuo esprime i propri pareri e fissa i propri parametri, è diventata sempre più importante ed è stato l’inizio di una rivoluzione. Porre domande consente di mettere in discussione lo status quo, aiuta a porsi in linea con i valori fondamentali ed è un catalizzatore per il miglioramento individuale.
     
  • Sentono l’attaccamento alla maglia, in senso anche fisico. I maori la definiscono taonga, che significa tesoro. La loro divisa nera racchiude l’essenza e le speranze di questa piccola isola. Gli All Blacks sono famosi per la haka, un rituale in cui i maori trascinano fuori dalla terra gli antenati e la loro anima. Mentre la haka raggiunge il suo apice, la squadra avversaria ha già perso, perché il rugby, come la vita, si gioca prima di tutto nella testa e nel sentire la maglia che porti.
     
       Trasformano i valori in azioni, fra pari. Gli All Blacks trasformano i valori in azioni e per loro il miglior modo per farlo è attraverso il controllo fra pari. Ad esempio il rispetto è un concetto vago, ma ha un impatto concreto quando sono gli stessi giocatori a decidere cosa significa. Senza riscontro nelle azioni, i valori sono etichette e la loro definizione e applicazione devono venire dal basso, con i giocatori esperti che fanno da guida ai più giovani. Questo processo produce fiducia, un bene intangibile di vicinanza e cooperazione e fornisce una intelligenza collettiva.
     
  • Trasformano la visione in azione. Esiste un proverbio giapponese che dice: “La visione senza l’azione è un sogno. L’azione senza la visione è un incubo”. Spesso infatti i problemi nel cambiamento sono legati all’incapacità di convertire la visione in azione. A volte per mancanza della stessa, altre volte per l’incapacità di tradurre la visione in semplici azioni quotidiane. In questo gli All Blacks sono maestri nel trasformare la visione e i valori in azioni quotidiane, connettendo le convinzioni personali dei giocatori ad un fine più alto.
     
  • Puntano sempre in alto. Gli All Blacks fissano delle aspettative molto alte, la cosiddetta profezia che si autoavvera. E lo fanno utilizzando il potere delle storie, perché il linguaggio che usiamo si radica e diventa azione. “Punta alla nuvola più alta, così se la manchi raggiungerai una montagna maestosa”. Un aspetto per loro importante è la memoria delle sconfitte, trasformando il dolore in motivazione. La paura di non fare le cose giuste ti fa preparare al meglio, quella che Kahneman definisce avversione al rischio: non giochiamo infatti per vincere, ma per non perdere.
     
  • Si rinnovano di continuo, responsabilizzando i giocatori, cambiando e rinnovandosi quando le cose vanno bene, con un continuo meccanismo di riadattamento, trasferendo le responsabilità dagli allenatori ai giocatori. Quando arrivano al culmine, cambiano obiettivo per migliorarsi. E lo fanno con una costante attenzione ai piccoli dettagli e al miglioramento continuo. Piccoli passi che portano a salti enormi. E riguarda la strutturazione delle attività rispetto alle strategie, definendo per ogni giocatore le attività settimanali. Nelle aziende questo può avvenire ad esempio con riunioni settimanali in cui discutere le attività. Una volta stabiliti gli obiettivi, la palla alla squadra, cedendo la responsabilità dell’attuazione e dei dettagli. Una volta che l’obiettivo è compreso, le decisioni vanno trasferite al livello più basso possibile per permettere a chi è in prima linea di sfruttare le opportunità che si sviluppano sul campo. Questo consente di reagire più rapidamente, di sfruttare la capacità di innovazione di tutti i membri dei team, incentivando l’iniziativa individuale, in un clima di fiducia e comprensione.
     
  • Vanno tutti nella stessa direzione. Per loro è un valore il muoversi tutti in un’unica direzione in modo coordinato. Si tratta di fare sì che i membri della squadra, spinti dalla ricerca della gloria individuale, si spendano senza riserve in nome del gruppo. Un grande giocatore può arrivare solo fino ad un certo punto, se non è psicologicamente sincronizzato con tutti gli altri e la squadra non raggiungerà mai l’armonia necessaria per vincere. In un buon team non ci sono superstar, ma grandi giocatori che dimostrano di esserlo facendo gioco di squadra, che si sacrificano e fanno il necessario per aiutare la squadra a vincere. Si tratta di trasformare l’io in un “noi”.
     
  • Vivono come un valore il sacrificio per la squadra. Cosa sei pronto a sacrificare per il bene comune? Questo viene chiesto ai giovani dai veterani della squadra, quando gli parlano loro dell’eredità, dei giocatori che avevano dato tutto per la squadra. Per gli All Blacks uno dei miti più forti è il sacrificio, il dare tutto per la squadra, lo spingersi oltre la propria comfort zone, l’andare oltre ciò che ti è stato chiesto di fare. Significa trovare qualcosa per cui dare la vita.
     
  • Creano rituali per legare le persone ai valori. Il più famoso è la haka, il ballo tribale in mezzo al campo. Un modo per riconnettersi ai loro valori, alla loro eredità, per tramandare la loro storia. Sono la cornice che racchiude il sistema di valori. Si connettono a qualcosa di più grande di loro, legando la propria storia personale a quella della squadra. Questi rituali rappresentano il bene comune e il filo che lega insieme le persone. E se gli individui cambiano, i rituali rimangono e sono la struttura che tiene insieme i valori. Possono anche non essere espliciti come la haka. La Leo Burnett, una agenzia pubblicitaria, dona una mela ad ogni cliente dal 1935 ad oggi. I rituali rendono tangibili i valori. Un altro modo che hanno è quello di lavorare sulle parole per rendere reali i valori. Dopo un grande lavoro consultivo identificarono tre valori fondativi da trasmettere ai giovani: umiltà, eccellenza e rispetto. Sono direttrici che puntano al cuore del sistema valoriale. Il famoso “Just do it” di Nike. Frasi affilate, comprensibili che dichiarano lo spirito essenziale. E i leader aiutano poi a trovare azioni concrete per far diventare i valori parte della storia. Per gli All Blacks il pulire gli spogliatoi, le opere di beneficenza, i legami con la comunità. Questo aiuta a mettere in connessione il significato personale dei singoli con la visione comune di futuro. E tocca la mente e il cuore, trasformando la visione in azione.
     
  • Creano una connessione fra passato e futuro. La Te Taura Tangata è una fune viene portato dentro ogni spogliatoio, come simbolo di unità. Tre fili intrecciati di colore nero, argento e rosso. È una metafora che va oltre il rugby, rappresenta la vita, il legame con il passato, il presente e il futuro. Come se ciascuno fosse un anello di una catena indistruttibile di persone, che nasce con il primo antenato e va fino alla fine dei tempi. Ereditando i valori, le storie, i miti, viviamo seguendo quel modello e lo passiamo alla persona successiva nella catena. Nel 1999 Adidas fece uno spot in cui i diversi capitani degli All Blacks si passavano la maglia, riportando questa frase: “L’eredità fa più paura degli avversari”. Il loro compito è dare continuità e incrementare quell’eredità. Negli All Blacks c’è un detto: “Non possiedi la maglia, sei solo un corpo all’interno in quel momento”. Per loro tutto sta nel lasciare la maglia in un posto migliore. In termini di leadership si tratta di portare avanti la palla e passarla alla prossima generazione. Lasciare la maglia in un posto migliore significa lavorare verso il bene comune, custodi e architetti del domani. Le persone quando credono in qualcosa di più grande di loro, sono disposte a versare il sangue per questo.

Sarebbe bello pensare che un giorno chi lavora nel Servizio Sanitario Nazionale e nella PA avesse la stessa convinzione di questi giocatori prima della partita. Forse solo un sogno.