Gestire l’inatteso per l’integrità nel campo della salute





Anticipare i problemi, essere attenti alle piccole cose, ascoltare chi è in prima linea e non cercare i capri espiatori. Queste alcune delle lezioni applicabili anche nella prevenzione della corruzione che il lavoro di Weick e colleghi sulla gestione dell’inatteso ci fornisce (Governare l’inatteso - Organizzazioni capaci di affrontare le crisi con successo. KE. Weick, KM. Sutcliffe - Raffaello Cortina Editore 2010).


 La necessità di mettere in campo percorsi di prevenzione della corruzione sta ormai entrando nella cultura delle pubbliche amministrazioni e ora il tema è quali percorsi risultino più efficaci di altri. La gestione ottimale dell’incertezza può essere un fattore critico di successo per trasformare il rischio di corruzione in una opportunità di cambiamento positivo anche delle singole aziende sanitarie ed enti sociali.

 La proposta di questi autori parte dall’analisi degli incidenti organizzativi mettendo in evidenza come spesso gli incidenti non siamo imputabili solo ad un difetto tecnologico o umano, ma siano il frutto di un sistema organizzativo in cui i due aspetti risultano strettamente interrelati. Proprio questa caratteristica fa si che le crisi siano in qualche modo prevedibili, in quanto si verifica sempre un periodo di “incubazione” organizzativa del problema, prima che questa si palesi in tutta la sua drammaticità.

 Secondo Perrow gli incidenti sono “normali” perché in qualche modo iscritti nella complessità e i sistemi complessi sono destinati prima o poi a creare le condizioni per il verificarsi di un incidente critico. La proposta di Weick apre una prospettiva che tende a valorizzare al meglio le grandi potenzialità di una gestione consapevole e attenta dell’inatteso e dell’incertezza.

 Inoltre la ricerca di un capro espiatorio non solo è inutile, ma anche dannosa. L’individuazione di un colpevole non solo offre una soluzione apparentemente a buon mercato, ma lascia sostanzialmente inalterato l’insieme delle condizioni che hanno consentito il verificarsi del problema e lo permetteranno anche in futuro.

 Tutto questo può essere considerato vero anche nel campo della prevenzione della corruzione. Se pensiamo ai vari accadimenti corruttivi, la maggior parte di essi sono eventi che si sono spesso già verificati in altri contesti o che avrebbero potuto essere previsti.

 Gli autori partono dallo studio delle organizzazioni ad alta affidabilità (HRO – High Reliability Organizations) e non si concentrano solo sullo studio degli errori, ma su ciò che funziona e perché funziona. E studiano comportamenti organizzativi che non si limitano alle buone pratiche, ma mirano costantemente a realizzare l’eccellenza.

 Il tema di fondo sono le modalità attraverso cui le persone e le organizzazioni sono in grado di dar vita a performance elevate in contesti in cui il potenziale di errore e disastro è enorme: portaerei nucleari, sistemi di controllo del traffico aereo, negoziati per la liberazione di ostaggi, interventi di emergenza medica, centrali nucleari, impianti a ciclo continuo e operazioni antincendio in zone impervie. Queste organizzazioni sperimentano continuamente problemi inattesi, sia nel caso che qualcosa che era atteso non accada, sia il contrario. E questo raramente emerge all’improvviso, ma vi è un accumulo nel tempo di piccoli segnali che indicano il verificarsi di fatti inattesi e destinati a durare.

 Anche in questo caso vi sono situazioni in cui il rischio di corruzione è elevato: si pensi al tema della ricerca clinica e dell’informazione sui farmaci e sui dispositivi medici, alle gare di appalto per grandi volumi, al tema della gestione delle liste di attesa e della libera professione, alla spinta da parte delle strutture private accreditate ad aumentare i pazienti assistiti.

 La nozione di piena consapevolezza (o mindfulness) rappresenta il tema portante della proposta di Weick. Tale concetto dal punto di vista dell’organizzazione riguarda la capacità di sviluppare “una ricca consapevolezza del dettaglio discriminante”. Questa investe la qualità dell’attenzione, ossia l’importanza di non lasciarsi fuorviare dalle proprie aspettative o dalle routine e di riuscire a focalizzarsi su elementi che a prima vista appaiono insignificanti ma che possono rappresentare le prime avvisaglie di una crisi.

 Il compito delle organizzazioni capaci di gestire l’inatteso è promuovere un atteggiamento che consenta di evitare che le routine diventino superficiali, che le aspettative prendano il sopravvento e si vengano a creare quei punti ciechi che si trasformano in una incapacità di vedere potenzialmente disastrosa per l’organizzazione.

 Realizzare un ambiente in grado di confrontarsi in modo efficace e flessibile con gli imprevisti significa muoversi secondo due linee di azione:

1.       individuare e anticipare attivamente gli eventi critici nel momento del loro stesso manifestarsi, e in particolare:

·         preoccuparsi delle criticità;

·         resistere alle semplificazioni;

·         essere sensibili alle attività in prima linea;

 

2.       agire per contenere gli effetti di tali eventi, quando l’attività di prevenzione non ha avuto successo, e in particolare:

·         essere resilienti;

·         rispettare la competenza.

 

Le 5 lezioni da imparare

 Le lezioni che possiamo trarre per la gestione dell’inatteso, sono frutto delle esperienze di successo e soprattutto di insuccesso maturate dalle organizzazioni ad alta affidabilità - HRO. Queste “non possiedono la soluzione” al problema, ma lottano continuamente per trovarla.

 Spesso nelle grandi catastrofi piccole carenze sono passate inosservate, sono state accettate diagnosi affrettate, le attività in prima linea sono state date per scontate, la capacità di recupero dell’organizzazione è stata sottovalutata e l’autorità è stata anteposta all’esperienza.

 Le migliori HRO sanno che non hanno sperimentato tutti i modi in cui il loro sistema può fallire e di compiere errori e tengono in forte considerazione l’eccessiva sicurezza di sé. Questa considerazione assume la forma di una continua mindfulness incorporata nelle pratiche che favoriscono la prontezza, ampliano l’attenzione, riducono le distrazioni e prevengono distrazioni fuorvianti.

 

1° principio: preoccupazione rispetto agli eventi critici.
Le HRO trattano ogni errore come un sintomo di malfunzionamento del sistema, qualcosa che potrebbe avere gravi conseguenze se un insieme di piccoli errori venisse accidentalmente a coincidere (es. Bophal nel 1984). Le HRO promuovono descrizioni accurate degli errori, elaborano esperienze per imparare dai “mancati incidenti” e sono attente agli svantaggi dall’ottenere buoni risultati (fra cui l’autocompiacimento, la tentazione di ridurre i margini di sicurezza e il lasciarsi andare all’automatismo dei processi).

 

2° principio: riluttanza a semplificare
Le HRO prendono misure deliberate per creare un quadro più completo e sfumato di ciò che affrontano. Sapendo che la realtà che affrontano è complessa, instabile, imperscrutabile e imprevedibile, esse si posizionano in modo da avere il miglior punto di osservazione possibile, e guardando con favore le diversità delle esperienze, lo scetticismo rispetto alle opinioni prevalenti, le tattiche di negoziazione che permettono di riconciliare differenze di opinione, senza distruggere le sottili sfumature notate da persone diverse. Quando riconoscono un evento come un qualcosa che hanno già visto, si preoccupano, pensando che le somiglianze superficiali fra il presente e il passato mascherino differenze più profonde (es. l’incendio dei frammenti dell’ala dello Shuttle a 82 secondi dal lancio era stato considerato come qualcosa di familiare). Quando si organizza si semplifica, va fatta attenzione agli errori che si vuole certamente evitare.

 

3° principio: sensibilità alle attività in prima linea
Le HRO sanno che le anomalie in prima linea vengono rilevate quando sono ancora recuperabili e possono essere isolate. Questo è legato alla sensibilità alle relazioni. Infatti le persone che si rifiutano di parlare dei propri timori, indeboliscono il sistema, che è meno informato di quanto dovrebbe per operare efficacemente. Il quadro complessivo non può essere definito, se vengono ignorati i sintomi che provengono dalla prima linea.

 

4° principio: impegno alla resilienza
Nessun sistema è perfetto e le HRO lo sanno bene. Per questo integrano i tre principi precedenti con l’impegno alla resilienza. Il tema non è essere esente da errori, ma fare in modo che questi non ci mettano fuori combattimento.

La resilienza è l’abilità di un sistema di mantenere o riguadagnare uno stato di dinamicamente stabile, che consente di continuare le proprie attività dopo un grave incidente o in presenza di uno stress continuo (Hollnagel, 2006). Un’organizzazione resiliente è in grado di affrontare le prove cui viene sottoposta uscendone non solo intatta, ma addirittura rafforzata nella sua capacità di risposta. E’ un insieme di metodi basati da un lato sul contenimento degli errori, dall’altro su un approccio che utilizza l’improvvisazione per consentire al sistema di tornare a funzionare.

La differenza fra anticipazione e resilienza è che nel primo caso io investo risorse contro dei rischi previsti, mentre nel secondo ho risorse in grado di fare fronte a rischi che non conosco in anticipo (Wildavsky, 1991).

Le HRO privilegiano l’abilità di gestire qualsiasi situazione accada, anche con grande capacità immaginativa e simulano le condizioni più avverse praticando quelle che sono chiamate “esercitazioni antincendio”.

 

5° principio: rispetto per la competenza
Le gerarchie rigide hanno una speciale vulnerabilità nei confronti dell’errore. Le HRO decentrano il processo decisionale e l’autorità viene trasferita alle persone con più competenze, senza badare al loro rango. Le decisioni vanno quindi alla ricerca dell’esperto.

Nelle HRO sono le decisioni che “vanno in cerca” dell’esperto e non il contrario: esse vanno verso la persona che ha una conoscenza specifica del problema ed è in grado di risolverlo a prescindere dal suo ruolo in azienda (esempio del ruolo dell’avvistatore nell’atterraggio degli aerei sulle portaerei nucleari).

Un altro elemento è che gli operatori temporanei sono meno competenti nel prendere decisioni di quelli stabilmente assegnati a tale compito.

 

La grande differenza fra le HRO e le altre organizzazioni sta nelle prime fasi dell’evento inatteso, quando emette deboli segnali di allarme. La tendenza dominante è rispondere a segnali deboli con risposte deboli. La mindfulness preserva la capacità di percepire l’importanza dei segnali deboli e di rispondere in modo vigoroso.

Queste organizzazioni lottano per mantenere una condizione di allerta continua verso l’inatteso a dispetto della pressione esercitata dalle scorciatoie cognitive. Le scorciatoie sono frutto di successi precedenti, di semplificazioni, di strategie e progetti e dell’uso della gerarchia per fare si che le decisioni restino esclusivamente in mano ai superiori. Percorrendo questa strada si finisce inevitabilmente con l’imbattersi in pesanti rese dei conti.

 Ogni organizzazione sviluppa convinzioni culturalmente accettate rispetto alla realtà e ai suoi pericoli, insieme a norme precauzionali che sono sviluppate sotto forma di regolamenti, procedure, linee guida, e anche voci di corridoio. E tutte le organizzazioni accumulano eventi che passano inosservati e sono in contrasto con le convinzioni diffuse riguardo al pericolo. Le HRO correggono più spesso le loro credenze di quanto facciano le altre organizzazioni. Anche le HRO sviluppano delle norme precauzionali, ma a differenze delle altre organizzazioni usano sia i segnali deboli, sia i punti deboli come elementi per sviluppare tali precauzioni.

 E anche loro sviluppano eventi inattesi in contrasto con ciò che è atteso. Tuttavia, se ne accorgono prima, quando le loro proporzioni sono ancora modeste. Ciò che differisce è il valore che viene attribuito all’evolversi dei piccoli segnali in grandi eventi, quanta conoscenza hanno le persone dell’organizzazione e la loro capacità di rintracciare i primi segnali di errori e di porvi rimedio e di quanto sostegno viene assicurato dalla dirigenza nel fornire risorse in funzione dell’individuazione precoce e della gestione dell’inatteso, a favore di una comunicazione che faciliti il riconoscimento dell’errore e di un impegno verso la piena consapevolezza a tutti i livelli.

 

 Aspettative e mindfulness
Per gestire l’inatteso bisogna capire come funzionano le aspettative e come usarle in modo consapevole.

Le aspettative si costruiscono all’interno dei ruoli, delle routine e delle strategie organizzative, creando quel genere di ordine e prevedibilità su cui l’organizzazione fa affidamento per la propria attività.

Presentano tuttavia anche svantaggi, in quanto possono creare dei punti ciechi che a volte portano a riconoscere in ritardo avvenimenti inattesi e minacciosi.  E spesso questi punti ciechi diventano ancora più grandi semplicemente perché andiamo alla ricerca di prove che confermino l’accuratezza delle nostre aspettative originarie.

 Per contrastare questi punti ciechi le HRO cercano di sviluppare una maggiore consapevolezza rispetto ai dettagli rivelatori. Questa mindfulness è in grado di cogliere i primi segnali che le aspettative sono inadeguate, che si stanno sviluppando eventi inattesi e che occorre mettere in atto strategie di recupero. Il recupero richiede l’aggiornamento della propria comprensione rispetto a ciò che sta accadendo, sia delle linee di azioni che erano legate alle aspettative precedenti.

 Il problema è che siamo indulgenti rispetto a tutto ciò che conferma le nostre aspettative. E cerchiamo attivamente le prove che le confermano ed evitiamo quelle che le smentiscono. E questo è ancora più vero quando si è sotto pressione.

Chi lavora nelle HRO si impegna costantemente nel contrastare la tendenza a cercare conferme, creando pratiche che incorporano i cinque principi. Sapendo che le proprie aspettative sono incomplete, è possibile arrivare ad un maggior livello di comprensione nel momento in cui si dubita delle aspettative che sembrano essere confermate più spesso.

 Siccome sono le percezioni più problematiche che fanno presagire l’inatteso, dobbiamo limitare la mano invisibile delle aspettative che ci guida verso le percezioni più rassicuranti. E lo si fa seguendo i 5 principi di prima:

·         preoccupazione rispetto agli eventi critici

·         riluttanza a semplificare

·         sensibilità alle attività in prima linea

·         impegno alla resilienza

·         rispetto per la competenza

 
Questi principi spingono il sistema a essere mindful, ossia ad avere “una ricca consapevolezza del dettaglio discriminante”: essere consapevoli del contesto, del modo in cui i dettagli differiscono e delle deviazioni rispetto alle aspettative.

La mindfulness indebolisce la tendenza a normalizzare gli eventi all’interno degli eventi familiari, il fenomeno della “normalizzazione dell’inatteso”: definendo accettabile, un rischio che prima non lo era.

 Un altro elemento è lo sviluppo di un approccio no blame all’errore, dove esso non viene considerato esclusivamente in termini sanzionatori, ma come possibile momento di apprendimento. Se errore e sanzione sono associati, si sviluppano strategie sistematiche di occultamento dell’errore e dove si ricerca sempre il capro espiatorio a cui addossare la colpa dell’accaduto. Questo porta a non eliminare le cause strutturali del fallimento e che si ricreino le condizioni che porteranno a quello successivo.

 Ciò che caratterizza le HRO è un ambiente in cui la segnalazione di un errore o di un incidente mancato è protetta. Tutto questo è possibile solo a patto che l’organizzazione abbia saputo costruire un clima di fiducia ed equità nella gestione delle relazioni tra i diversi soggetti.

 
Come realizzare la mindfulness in concreto
Rispetto ai cinque principi prima visti, ecco alcune proposte operative da applicare nelle singole organizzazioni.

 
1.    Preoccupazione rispetto agli eventi critici

·         Riferire gli obiettivi sotto forma di errori che non devono accadere

·         Creare una consapevolezza rispetto alla vulnerabilità

·         Creare una cultura amichevole nei confronti degli errori

·         Definire i mancati incidenti

·         Chiarire cosa costituisce una buona notizia

 

2.    Riluttanza a semplificare

·         Raccogliere i dubbi

·         Incoraggiare gli schemi di riferimento alternativi

·         Valorizzare le abilità interpersonali

·         Rivedere le valutazioni nel momento in cui i dati di fatto si modificano

·         Trattare tutti gli eventi inattesi come informazioni

 
3.    Sensibilità alle attività in prima linea

·         Premiare chi rimane in contatto con le prime linee

·         Parlare apertamente

·         Sviluppare lo scetticismo

·         Incoraggiare l’ascolto da parte delle persone

·         Dedicare del tempo alle attività che si svolgono in prima linea

 

4.    Impegno alla resilienza

·         Ampliare le competenze e i repertori delle risposte

·         Non esagerare con le cure dimagranti delle organizzazioni

·         Rendere veloci i feedback

·         Trattare in modo ambivalente l’esperienza passata

 

5.    Rispetto per la competenza

·         Guardarsi dalla fallacia della centralità

·         Stimolare l’immaginazione come strumento per gestire l’inatteso

·         Creare strutture che permettano decisioni flessibili

 

 Quali lezioni trarre per le organizzazioni sanitarie e sociali?

Dall’esperienza delle HRO si possono trarre molte lezioni che posso aiutare le organizzazioni sanitarie e sociali ad andare verso una maggiore integrità e sicurezza dell’assistenza. Fra queste:

 -          Sviluppare una capacità di ascolto degli operatori;

-          Favorire la discussione dei “mancati incidenti”;

-          Favorire la discussione anche interdisciplinare, coinvolgendo se possibile anche i cittadini

-          Dedicare del tempo alle attività in prima linea (sale operatorie, punti di prenotazione, studi dei medici, momenti di formazione, cantieri, attività di controllo interno ed esterno, ecc)

-          Definire con gli operatori gli errori da evitare

-          Diffondere la cultura “no blame”

 

 

Quali lezioni nella gestione delle risorse umane?
Nell’ambito della gestione della corruzione il personale viene considerato come una delle aree a maggiore rischio. Tradizionalmente i processi considerati a rischio sono quelli legati alla scelta di quali persone fare entrare nelle organizzazioni e della gestione delle loro carriere.

Quindi il rischio di fare scelte non in funzione dei bisogni reali espressi dall’organizzazione e del valore delle singole persone, ma in funzione di interessi particolari e non legati al bene collettivo. Scarsa attenzione viene invece riservata all’area del personale, intesa come “mancato sviluppo delle risorse umane”, condizione favorente il verificarsi di situazioni di rischio corruttivo

 
Partendo dalle cause o dai fattori predisponenti il fenomeno corruttivo possiamo far rientrare nell’area delle risorse umane:

o   la mancanza del senso di appartenenza al sistema alla PA, al sistema sanitario pubblico, alla propria azienda in cui si lavora

o   la mancata adesione a valori comuni (lealtà, imparzialità, ….), vuoi spesso per mancato approfondimento degli stessi

o   mancanza di un senso di futuro delle singole professioni (favorendo quindi scelte che vede al breve periodo)

§  tema che parte dall’accoglienza dei giovani e loro sviluppo

§  quale rapporto con università e come influire sulle logiche usate in quei contesti, che poi si riflettono sull’intero sistema sanitario

o   come gestire e trasmettere i saperi di chi si avvia verso l’uscita dall’organizzazione

§  come usare i saperi di chi ha lasciato ma è in grado di continuare ad avere un ruolo

o   mancanza di dialogo e comunicazione all’interno delle organizzazioni fra gli operatori, anche di famiglie professionali diverse

§  tema della multiprofessionalità e multidisciplinarietà

o   mancanza di dialogo e comunicazione con l’esterno delle organizzazioni, per far conoscere il valore delle singole professionalità e aumentare il senso di fiducia

 

Fra gli strumenti che possono essere utilizzati e che vanno gestiti in una logica di crescita

o   come gestire il tema della rotazione, in senso costruttivo per l’organizzazione e per i singoli professionisti

o   come aumentare la resilienza, quando un atto corruttivo emerge nell’organizzazione

o   considerare le azioni legate al benessere organizzativo fra quelle utili alle politiche dell’integrità

o   valutare l’uso di strumenti legati alla gestione del rischio, simili all’incident reporting, per raccogliere anche i piccoli segnali che emergono dai professionisti

o   come valorizzare lo strumento della segnalazione, passando dalla cultura della delazione a quella del bene comune

 

In termini di ricerca sarebbe interessante analizzare i meccanismi di selezioni di altri paesi per vedere punti di forza e di debolezza rispetto al nostro

 

Buon lavoro a tutti.